martedì 1 luglio 2008

Dall'archivio di Alessandro... Intorno a David Sylvian

Continuiamo con David Sylvian.....
Alessandro ci invia due suoi articoli su David che ci aiutano a comprendere e leggere la bellissima discografia ragionata di Renzo Pietrolungo pubblicata oggi.
Un invito all'ascolto......

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“The First Day” - David Sylvian e Robert Fripp live on tour 1992
di Alessandro Staiti
pubblicata sul mensile "Music"

Mentre la sala del Teatro Olimpico si riempie quasi fino a scoppiare, dagli speakers vengono ancora diffuse le note di un memorabile concerto dei King Crimson (Pittsburg, 1974). E’ un’occasione unica per ascoltare una splendida versione di “Doctor Diamond” (un inedito della band) e incredibili improvvisazioni che, nonostante i diciotto anni, suonano ancora attualissime. Ma ecco che arriva sul palco il “California Guitar Trio”: Paul Richards, Hideyo Moriya e Bert Lams, tre dei migliori allievi del “Guitar Craft” di Robert Fripp, con le loro scintillanti Ovation Shallowbody Cutaway sbalordiscono letteralmente la platea: composizioni fresche e innovative, non solo nelle soluzioni armonico-compositive, ma soprattutto nello spirito che le anima. Oltre al proprio repertorio il trio si esibisce con inaspettate trascrizioni per la New Standard Tuning (la nuova accordatura per chitarra presentata da Robert Fripp nel 1985) di composizioni classiche come “Ricercar”, tratto da “L’Offerta Musicale, Bwv 1079” e la “Ciaccona” (“Seconda Partita per violino, Bwv 1004”) di Johann Sebastian Bach. Poi lo scenario cambia repentinamente; nella penombra si insinua una nota fissa, il suono suadente di “Soundscape”: di lì a poco compaiono Sylvian, l’imponente Trey Gunn e Robert Fripp. La luce blu fa scorrere note cosmiche, fino a quando l’atmosfera viene letteralmente dilaniata da un attacco hard della Les Paul di Fripp che intona gli accordi brucianti di “Fire Power”: l’energia che viene sprigionata incolla il pubblico alle poltrone, mentre Sylvian inserisce un cantato basso e dissonante in quel magma sonoro. E’ un attrito lacerante e i vecchi fans dei King Crimson non tardano a riconoscere la qualità che ha sempre contraddistinto il Re Cremisi. I toni tornano rarefatti e lunari con “Ascension”; Fripp fa largo uso delle Frippertronics nella nuova edizione elettronica che ha sostituito gli ingombranti Revox modificati mutuati da Brian Eno. Il concerto prosegue alternando momenti di intenso lirismo ad altri di totale esplosione sonora: si susseguono “Song #1”, “Subterranean Burn”, “The First Day”, “Jean The Bird Man”, “Splatology”, “The House In Which We Live”, “Protopunk”, “The Blinding Light Of Heaven”. Trey Gunn con il suo stick è capace di creare poliritmi inusitati e complicatissimi che creano una struttura ideale per gli interventi di Fripp e Sylvian. David, che si accompagna con le tastiere, di tanto in tanto imbraccia una piccola Steinberger elettrica. L’ultimo brano della scaletta “Urban Landscape” è la rivisitazione di un’improvvisazione frippertronica che già compariva nel primo album solista del chitarrista cremisi “Exposure”. I due lasciano il palco mentre ancora scorrono le note del brano, sullo stile delle vecchie esibizioni “Fripp-Eno”. Prima di salutare definitivamente il pubblico Fripp torna sul palco per esibirsi con il California Guitar Trio, fornendo il proprio contributo ad un brano del repertorio della League Of Crafty Guitarists, assieme a Trey Gunn. Poi è la volta di Sylvian che stupisce e ammalia i fans, (accorsi perfino dall’Inghilterra per non perdere questa occasione unica!) riproponendo una indimenticabile versione di “Ghosts” dal repertorio dei Japan. Quindi Fripp, Sylvian e Gunn concludono il concerto bissando la title track “The First Day”. I King Crimson non sono ancora tornati in vita: ma è solo questione di tempo. Fripp aveva promesso che con la primavera del 1992 sarebbero iniziate le prove con il nuovo line-up della band. Inizialmente Sylvian doveva esserne il cantante, ma per diverse ragioni il progetto si è trasformato nell’attuale collaborazione. I nuovi King Crimson, invece, vedranno Trey Gunn allo stick, Tony Levin al basso (ed è a causa dell’impegno dal vivo di Levin con Peter Gabriel che il Re Cremisi dovrà attendere), Jerry Marotta alla batteria (con gran disappunto di Bill Bruford, imputato da Fripp di “non andare a tempo”), lo stesso Fripp alla chitarra in duetto con Adrian Belew, cantante come nella precedente edizione. Eppure, al di là dei vari personaggi che si trovano di volta in volta a dar loro voce, i King Crimson erano, almeno in spirito, lì sul palco quella sera, a offrire un piccolo saggio di quel che sarebbe accaduto se David Sylvian ne fosse diventato il cantante…
Alessandro Staiti


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MUSIC BOX

INTERVISTA

DAVID SYLVIAN

Con “Brilliant Trees” David Sylvian rompe il silenzio dopo lo scioglimento dei Japan. Poco prima era tornato a collaborare con Ryuichi Sakamoto, l’amico con cui aveva già lavorato in “Gentlemen Take Polaroids” e nel mix “Bamboo Music/Bamboo Houses”, per dare alla luce “Forbidden Colours”, colonna sonora di “Merry Christmas Mr. Lawrence”, noto al pubblico italiano come “Furyo”.

Giù la maschera
La seconda metà degli Ottanta ha visto Mr. Batt (il vero cognome di David) protagonista: i suoi album solisti dopo lo scioglimento della band hanno catturato il cuore degli ascoltatori. David è un artista nel senso più completo del termine: la raccolta di istantanee “Perspectives-Polaroids”, il video “Steel Cathedrals”, il libro di liriche “Trophies”, l’installazione di sculture, luci e suoni realizzata assieme a Russell Mills, che ha visto la pubblicazione in un elegante cofanetto con libro “Ember Glance: The Permanence Of Memory”, sono la testimonianza di una sensibilità sottile, di un gusto sempre teso alla sperimentazione e incline alla sfumatura, il tutto sotteso da atmosfere dark, risplendenti di una luce crepuscolare, romantica. Dischi come “Brilliant Trees”, “Gone To Earth”, “Secrets Of The Beehive”, hanno lasciato un segno indelebile come inizio di una nuova corrente musicale che proprio nei Novanta sta trovando il suo naturale svolgimento. L’ultimo tour di David “In Praise Of The Shaman”, che ha toccato nel 1988 anche l’Italia, ha presentato concerti che per la loro intensità e sacralità potevano essere paragonati ad una sorta di liturgia, un’offerta musicale dei tempi moderni. Poi la decisione di riformare i Japan: ma una volta in studio, David si è reso conto che il gruppo era ormai oltre, e ha scelto il nome di Rain Tree Crow. David torna in scena, e questa volta con Robert Fripp, altro “sacerdote della musica”. Il nuovo disco di David Sylvian e Robert Fripp si intitola come il tour che lo scorso anno ha toccato Giappone e Italia: “The First Day”, interamente registrato in studio con un line up più completo rispetto agli spettacoli live che comprendevano i soli protagonisti, più Trey Gunn (un allievo della scuola di Robert) allo stick, il disco introduce elementi decisivi per comprendere in quale direzione si muoveranno i due artisti nel corso degli anni Novanta.
L’intervista
Incontriamo David Sylvian in uno dei più raffinati hotel della Capitale. Ha i capelli più corti dall’ultima volta che ci siamo visti, niente più occhiali e un accenno di barba che promette di diventare più folta in qualche tempo. Lo sguardo è luminoso e l’atmosfera che irradia è ancor più calda e gioiosa di sempre. Lo accompagna in questo tour di interviste promozionali Ingrid Chavez (già nella band di Prince), la ventottenne e deliziosa moglie di origini messicane, che fra qualche mese darà alla luce un erede per David.
- Come è nato “The First Day”?
“Dalle ultime performances con Robert, collaborazione che è iniziata con “Gone To Earth” nel 1986. Il primo disco che ho ascoltato di Robert è stato ‘No Pussyfooting’, registrato assieme ad Eno, e poi sono approdato a ‘Discipline’ che ho molto amato. Ci siamo tenuti in contatto e Robert, nel 1989, mi ha chiesto se fossi stato interessato a unirmi ai nuovi King Crimson. Io ero molto interessato al progetto, ma mi resi conto che avrei dovuto collaborare con Robert in un contesto diverso. Abbiamo composto i nuovi brani specificamente per le live performances che sono iniziate nel febbraio 1992 in Giappone e che sono terminate a giugno in Italia. Il lavoro è andato man mano cambiando, evolvendosi, e quando ci siamo trovati in studio non sapevamo ancora che tipo di album avremmo inciso. Abbiamo iniziato con i brani più aggressivi del concerto, ma con l’aggiunta delle percussioni: i nuovi arrangiamenti li hanno trasformati e drammaticamente estesi in altre direzioni. L’album è piuttosto aggressivo, molto potente.”
- Ci sarà un altro tour in Italia?
“Sì, verremo in Italia nella seconda settimana di novembre, con la line-up al completo che per ora prevede, oltre me, Robert e Trey, Michael Brook alla chitarra. Brook suonerà anche l’opening act e poi si unirà al gruppo. Per il batterista sono in corso delle audizioni in questi giorni. Saremo in cinque. Probabilmente suoneremo anche qualche vecchia canzone di Robert e mia.”
- C’è un brano in particolare, “20th Century Dreaming (A Shaman’s Song)”, che mi sembra si ricolleghi concettualmente ai tuoi “Words With A Shaman”. Come mai ti interessa tanto al figura dello sciamano?
“Lo sciamano è una figura interessante con cui lavorare. C’è ormai un cliché dell’artista come sciamano nella società moderna, c’è anche il cliché dell’artista come medium. Sì sono cliché, ma sono veri. Quando un artista dà il meglio di sé è come un medium: l’energia che arriva nel lavoro va al di là della mente e dell’ego dell’artista coinvolto. E se il lavoro è un successo in se stesso quando raggiunge l’ascoltatore lo mette in contatto con l’energia e si crea un circolo, una connessione. E se il lavoro ha un effetto catartico, di guarigione, è un lavoro sostanziale. Questo è il ruolo sciamanico dell’arte nella società: ha delle proprietà guaritrici connesse con una realtà spirituale. Se ognuno di noi è un artista, nel senso che tutti abbiamo un nostro potenziale creativo, che è l’elemento più importante del nostro essere, allora è vero che ognuno di noi è anche uno sciamano: abbiamo tutti la possibilità di entrare in contatto con queste proprietà spirituali. Questo per me è molto interessante, questa possibilità di operare una connessione; non abbiamo più bisogno dello sciamano al di fuori di noi, del prete: il contatto viene operato direttamente. Se tutti noi riconoscessimo ciò e agissimo di conseguenza, potremmo trasformare la nostra natura e il mondo intorno a noi e potrebbe aver luogo un cambiamento evolutivo.”
“Sto lavorando, dopo l’ultima che è stata con Russell Mills, ad una nuova installazione audio/video con Robert per il 1994 che promette di essere molto interessante: ho organizzato il ‘concept’ dell’idea proprio ora e ne sono molto entusiasta, penso che funzionerà bene, ne ho già parlato con Robert. Appena lascerò Roma andrò a Zurigo per incontrare Kaito, uno scultore di luci giapponese. Collaborerà con noi a questo progetto che verrà installato in una galleria situata all’interno di un tempio a Tokyo. Il tempio a sua volta sorge ove una volta vi era un cimitero: c’è un energia molto intensa in quel posto, molto potente e tangibile. Il titolo all’installazione è stato dato da Robert ed è ‘Redemption’.
-Dall’ascolto dell’album si trae una sensazione di gioia: c’è qualche relazione con la tua situazione personale?
“Sono uscito da un periodo molto difficile, molto intenso e molto distruttivo, il più oscuro della mia vita. Poiché queste crisi si sono risolte e sono ormai trascorse, sento di poterne scrivere come una naturale risoluzione del mio lavoro su me stesso. Così posso raccontare le frustrazioni che ho provato, il guardare nell’oscurità e scorgere il nulla più assoluto. E’ stato molto difficile, ma di esperienze molto forti. Mi son trovato di fronte alla mia vita, capendo che molte cose erano ormai trascorse e che dovevo spostarmi in un’altra direzione. Ho visto me stesso sotto luci molto differenti e non è stato facile riconoscermi; stavo cadendo, volevo capire perché. Sì, ora la mia vita è cambiata: ho una moglie, sto per avere un bambino, e questo è splendido, e molte esperienze spirituali potenti e profonde: The First Day può essere considerato un documento di tutto questo.”
Alessandro Staiti

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