Un articolo del 13 maggio 1992 di Alessandro Staiti
pubblicato sul quotidiano "QuiGiovani"
IL CONCERTO DEL BANCO DEL MUTUO SOCCORSO A ROMA INAUGURA IL NUOVO TOUR
Un Banco in soccorso della musica italiana
oppure
Da qui, Messere si domina la valle
Un Banco in soccorso della musica italiana
oppure
Da qui, Messere si domina la valle
Tra l’entusiasmo di fans vecchi e nuovi rivivono i fasti degli anni Settanta
Il Banco del Mutuo Soccorso ha segnato la nascita del rock d’arte in Italia. Sulla scia del fenomeno inglese, negli anni Settanta sono state gettate le basi per far evolvere le nostre tradizioni al di là del più consueto schema della musica leggera: i brani si dilatano, diventano anche vere e proprie suites, i testi si ricollegano alla poesia, la tecnica strumentistica diviene un mezzo espressivo indispensabile. Al Palladium, martedì scorso, si è compreso che gli anni di piombo del rock, come sono stati definiti gli oscuri Ottanta, sono finiti e che finalmente c’è spazio per la ripresa di un discorso interrotto soltanto accidentalmente. Il Banco del Mutuo Soccorso è tornato sul palco romano per inaugurare il nuovo tour “Da qui messere si domina la valle” che li vedrà impegnati per tutta l’estate nella Penisola, in occasione della recente pubblicazione dell’omonimo cd che ripercorre album celeberrimi come “B.M.S.” e “Darwin” rivisitati e ri registrati per l’occasione. Se a prima vista, sul vinile, sembra di imbattersi in un’operazione nostalgica, dal vivo questa impressione viene subito fugata, non solo dall'entusiasmo di fans giovanissimi, ma dall’energia che Gianni Nocenzi (tastiere), Francesco Di Giacomo (voce), Pierluigi Calderoni (batteria) e Rodolfo Maltese (chitarra), (al basso, per l’occasione, l’ottimo Tiziano Ricci) sono riusciti a sprigionare. Il concerto è partito con “R.I.P.”, e subito l’atmosfera si è scaldata. Man mano che scorrevano brani come “Il ragno”, “L’evoluzione della specie”, si poteva assaporare l’incredibile vitalità delle composizioni, ormai ventennali, che non hanno perso un briciolo di attualità, e anzi hanno guadagnato dalle nuove interpretazioni che possono far tesoro dell’esperienza di professionisti ai quali funzionano bene non solo le mani e la testa, ma soprattutto il cuore. Il gruppo ha reso omaggio al pubblico eleggendolo a vero protagonista della serata e del video che è stato girato appositamente per l’occasione. Grande sorpresa per la sentita versione di “Hey Joe”, di Jimi Hendrix, unica cover della serata in omaggio non solo ad un musicista ma ad un’intera epoca d’oro per il rock. La voce di Di Giacomo era a grandissimi livelli, non ha perso nulla della dolcezza e incisività che l’ha sempre contraddistinta. Anche la chitarra di Maltese, che a tratti si è alternato alla tromba, si è fatta sentire pulita e puntuale, di grande gusto, lì dove non ha mai esagerato con assoli di maniera. Calderoni si è dimostrato un vero e proprio motorino ritmico, con un drumming fantasioso, mentre ha impressionato letteralmente l’energia e il virtuosismo di Nocenzi, vero protagonista delle tastiere. Scrosciar d’applausi alle indimenticabili e suggestive “750.000 anni fa…l’amore”, “Il giardino del mago”, “Non mi rompete”. Poi il Banco ha ripercorso i successi più orecchiabili di “Moby Dick” e “Lontano da”, per poi riproporre una incredibile ‘“Metamorfosi”. Un finale degno di un grandioso concerto quello di “Non ci siamo” e la bellissima “Traccia II”. Subito dopo il concerto abbiamo incontrato il gruppo nei camerini, affollati da vecchi amici che si congratulavano con i musicisti:
“Spero che il rapporto di stasera non sia stato di nostalgia, ma di vitalità” mi chiede Gianni Nocenzi. Siamo d’accordo con lui in pieno. “Me ne sono accorto - riprende il tastierista - quando ho riascoltato il lavoro finito dopo due anni dalla registrazione. Gli anni di piombo per la musica sono stati gli Ottanta. Usciti dalle utopie, dalle ideologie, c’è stato un grande riflusso di creatività, di contenuti. Gli artisti, anche i migliori, hanno sopravvissuto professionalmente adeguandosi a delle versioni soul o soft-soul, canzoni, come Phil Collins, Peter Gabriel, il Banco, cercando di non ammainare mai la bandiera della creatività, come abbiamo fatto con ‘Moby Dick’. Poi il Banco non si è fermato mai con l’attività live e le richieste dei giovanissimi di 15 anni, che ci chiedevano ‘Il giardino del mago’, ‘Metamorfosi’, ‘Darwin’, ci ha fatto capire che stava cambiando il vento. Sì la produzione, sì i dischi di plastica, ma una grossa fetta di pubblico mostrava di preferire il sudore, la credibilità, il muscolo. Così è partita la nostra scommessa, per vedere se gli anni Settanta sono stati vera gloria, l’unica primavera in cui la musica italiana ha realmente dialogato con l’Inghilterra e l’America. Molti artisti stranieri, come lo stesso Gabriel, ci hanno confessato personalmente che ascoltavano in quegli anni i dischi del Banco, forse più di quanto noi facessimo con loro”.
-E poi c’è un gran seguito in Giappone…
“Sì, infatti dovremo fare un nuovo l.p. di materiale inedito con un editore giapponese, che poi verrà importato anche in Italia”.
A “Big” Di Giacomo abbiamo chiesto cosa ne pensasse anche lui di questo ritorno.
“Io mi auspico, al di là del ritorno, una conferma di tanti gruppi giovani, di ragazzi che dovrebbero trovare conferma della loro forza e creatività. Chi suona deve rappresentare solo se stesso, così si è credibili.”
-Come avete fatto voi?
“Sì, anche se questo non sempre paga. Arriva la moda e ti scavalca, l’importante è reggere la botta e andare avanti con convinzione”
-D’ora in poi che direzione si muoverà il Banco, sullo stile “Moby Dick”?
“No, il Banco manterrà alcune canzoni di prestigio, ma tornerà a fare composizioni di un certo tipo, musica strumentale, suites”.
Alessandro Staiti
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